Verso la metà anni 60 l’allevamento di animali “da reddito” destinati all’alimentazione umana incominciò ad essere incrementata rapidamente a seguito della crescita esponenziale della domanda di prodotti di origine animale.
Per distinguere questa nuova forma di allevamento venne coniato il termine “intensivo” per distinguerlo dalle pratiche di allevamento che avevano caratterizzato le epoche passate.
Per allevamento intensivo si intende una forma di allevamento che utilizza tecniche industriali e scientifiche per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo e utilizzando il minimo spazio, tipicamente con l’uso di appositi macchinari e farmaci veterinari.
Nel 1964 Ruth Harrison, attivista e scrittrice britannica, pubblico’ il libro “Animal Machines” denunciando pubblicamente le atroci pratiche di questo tipo di allevamento e ciò sconvolse l’opinione pubblica inglese.
Il governo inglese, quindi, avviò un’indagine incaricando Roger Brambell, professore di zoologia di investigare e dare una descrizione accurata del settore.
Il Rapporto Brambell giunse alla conclusione che fosse necessario prendere provvedimenti perché l’industria alimentare della carne e derivati animali sollevavaserie questioni etiche.
Venne quindi costituito il Farm Animal Welfare Advisory Committee un organo di sorveglianza per il settore dell’allevamento nel Regno Unito.
Oggi tale organo si è trasformato nel Farm Welfare Council che ha elaborato quelle che oggi conosciamo come le 5 liberta’.
Ogni animale affidato all’essere umano deve avere:
1- libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione, garantendo all’animale l’accesso ad acqua fresca e una dieta che lo mantenga in piena salute;
2- libertà ad avere un ambiente fisico adeguato, dando all’animale un ambiente che inclusa riparo e una comoda area di riposo;
3- libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie, prevenendole o diagnosticandole/trattandole rapidamente;
4- libertà di manifestare le proprie caratteristiche comportamentali specie – specifiche, fornendo all’animale spazio sufficiente, strutture adeguate e la compagnia di animali della propria specie;
5- Libertà dalla paura e dal disagio, assicurando all’animale condizioni e cura che non comportino sofferenza psicologica.
L’Unione Europea parrebbe aver pienamente accolto questo approccio e all’Articolo 13 del Titolo II del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce “l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.
Ma concretamente come viene declinato questo principio?
Come possono essere realmente garantite le cinque libertà?
L’UE già da tempo parrebbe disporre di standard operativi tra i migliori al mondo e comprendere (nella PAC) tra i suoi obiettivi proprio il benessere animale.
Tuttavia vari studi hanno riscontrato che le azioni dell’UE per migliorale il benessere animale hanno avuto esito positivo sotto alcuni aspetti ma la loro attuazione ha avuto ritardi e carenze in tanti ambiti critici riguardante il settore che stiamo trattando soprattutto in azienda, durante il trasporto e il macello.
Il benessere animale, inteso come vuole essere approcciato e organizzato a livello legislativo, intende presentarsi come una scienza oggettiva ma ciò è un vero e proprio paradosso.
Quali sono in reali desideri ed esigenze di queste creature?
Possiamo davvero ad esempio sostenere che un pollo stipato in una gabbia abbia un ambiente fisico adeguato?
La questione è che il benessere concretamente inteso non può che ruotare intorno a ciò che gli animali provano in quanto esseri senzienti; proprio perché essere senzienti la domanda da porsi è dunque solo cosa sia giusto fare non tanto dal punto di vista produttivo ed economico ma dal punto di vista meramente etico e compassionevole.
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