Ciao a tutti.
Oggi vorrei parlarvi delle particolari norme che si occupano dei prodotti biologici e vegani.
Partiamo dai primi dando una definizione di prodotti biologici.
Per cibi biologici si intendono tutti quei prodotti che provengono da agricoltura biologica che, a sua volta, può essere definita come quel particolare tipo di agricoltura che non usa pesticidi, insetticidi ma solo metodi naturali e che è assolutamente rispettosa della biodiversità, del suolo e della natura in generale.
A fare le regole è ovviamente l’Unione Europea che attraverso diversi Regolamenti (848/2018 e per ultimo il 279/2021) ha dettato la disciplina del mondo bio.
L’operatore del settore alimentare che voglia commercializzare un prodotto come biologico deve ottenere una certificazione.
Biologico non è quindi una qualità che la singola azienda produttrice può fregiarsi senza autorizzazione.
“Prima di immettere sul mercato prodotti come «biologici» o «in conversione» o prima del periodo di conversione, gli operatori e i gruppi di operatori di cui all’articolo 36 che producono, preparano, distribuiscono o immagazzinano prodotti biologici o in conversione, che importano tali prodotti da un paese terzo o esportano tali prodotti in un paese terzo o che immettono tali prodotti sul mercato notificano la loro attività alle autorità competenti dello Stato membro in cui questa è esercitata e in cui la loro impresa è soggetta al sistema di controllo”.
La certificazione biologica è un vero e proprio attestato rilasciato da un organismo preposto, che riconosce alle aziende che agiscono in vari campi il raggiungimento di determinati standard, imposti dall’Unione Europea.
Tutte le aziende che vogliono ottenere la certificazione bio per i propri prodotti ed apporre la “foglia” (ovvero il simbolo biologico dell’Unione Europea) sulla confezione, devono infatti adeguarsi a un rigoroso sistema di controlli.
Ottenere le certificazioni biologiche è difficile, come è difficile mantenerle.
L’iter da seguire è lungo e costoso.
Le autorità competenti sono:
- Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali);
- comando unità tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei Carabinieri (C.U.T.F.A.A.);
- Regioni.
IL MIPAAF attribuisce un codice identificativo all’ente di certificazione autorizzato il quale rilascerà a sua volta la certificazione all’azienda.
ARTICOLO 30: “Ai fini del presente regolamento, si considera che un prodotto riporti termini riferiti alla produzione biologica quando, nell’etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, il prodotto stesso, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi usati per la sua produzione sono descritti con termini che suggeriscono all’acquirente che il prodotto, gli ingredienti o le materie prime per mangimi sono stati prodotti conformemente al presente regolamento. In particolare, i termini elencati nell’allegato IV, i loro derivati e le loro abbreviazioni, quali «bio» ed «eco», possono essere utilizzati, singolarmente o in abbinamento, in tutta l’Unione e in qualsiasi lingua elencata in detto allegato per l’etichettatura e la pubblicità dei prodotti indicati all’articolo 2, paragrafo 1, conformi al presente regolamento”
Nel predisporre l’etichetta di un prodotto biologico, l’Operatore deve tener conto dei seguenti punti:
a. Riferimenti al metodo di produzione biologico;
b. Riferimenti alla certificazione;
c. Loghi del biologico (privati e dell’UE).
Se in etichetta sono presenti riferimenti al metodo di produzione biologico, deve comparire anche il numero di codice dell’Organismo di controllo a cui è soggetto l’Operatore che ha effettuato la produzione o la preparazione più recente.
Tale codice è così composto:
AB-CDE-999
Dove:
- AB è il codice ISO per il paese in cui viene effettuato il controllo;
- CDE è un termine, composto di tre lettere, come “bio”, “öko” o “org” o “eko” che indica il metodo di produzione biologica;
- 999 è il numero di riferimento assegnato dall’autorità competente all’organismo di controllo a cui è soggetto l’Operatore che ha effettuato la produzione o la preparazione più recente.
- Tale codice deve essere collocato nello stesso campo visivo del logo biologico europeo, se questo compare in etichetta.
Il logo può essere utilizzato nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità di prodotti conformi al regolamento.
Per i prodotti vegani la storia però è un’altra.
Innanzitutto che cosa vuol dire vegano?
Il termine “vegano” indica una persona che ha consapevolmente eliminato dalla propria alimentazione quotidiana tutti gli alimenti di origine animale.
Un vegano non mangia carne (anche pesce, ovviamente), uova, latte e suoi derivati, miele.
Questa scelta riguarda anche la vita quotidiana quindi all’abbigliamento (niente lana, seta e pelle) e agli stili di vita (si cerca, per esempio, di impattare il meno possibile sull’ambiente).
Si tratta, quindi, di una visione e di un approccio a 360 gradi.
L’etichettatura del prodotto vegano non ha una disciplina giuridica specifica.
Anzi non esiste neppure una definizione di veganismo da parte della legge.
La Commissione europea non è ancora intervenuta infatti a stabilirne le regole e, tale lacuna legislativa, sta creando non pochi problemi.
Non esistendo delle norme ad hoc, la dicitura “vegano” possiamo dire che faccia parte di quelle informazioni “facoltative” che l’operatore del settore alimentare può inserire in etichetta.
Si tratta di un vero e proprio claim e come tale deve rispettare la regola generale stabilita dall’art. 36 del Reg. 1169/2011, ovvero:
- Le informazioni non devono indurre in errore il consumatore;
- Le informazioni non devono essere ambigue né confuse per il consumatore;
- Le informazioni devono essere, se del caso, basate sui dati scientifici pertinenti.
Non esiste una legge specifica abbiamo detto ma il mondo privato dell’imprenditoria si è tuttavia attivato e per colmare l’assenza di regole certe ha adottato un sistema di marchi e certificazioni.
Alcuni esempi.
- MARCHIO V – LABEL
Questo marchio è stato scelto da lidl My best Veggy e dalla Despar Italia per la linea Veggie.
VEGAN OK
Si tratta pur sempre di marchi: cosa significa?
Significa che le aziende per poter apporre il marchio sottoscrive un’autocertificazione nella quale dichiara di rispettare gli standard declinati dall’ente proprietario del marchio stesso.
In questo caso l’azienda è l’unica responsabile civile e penale di quanto dichiarato.
C’è ovviamente un costo per il marchio e può variare.
Altro discorso è la certificazione.
Per poterla ottenere bisogna rivolgersi ad un ENTE TERZO CERTIFICATORE che adotta uno specifico disciplinare (anche i marchi ce l’hanno).
Questo ente rilascerà un attestato dopo una serie di controlli e vigilera’ sulla conformità dei prodotti.
In questo caso sia l’azienda che l’ente certificato si assumono la responsabilità di quanto dichiarato in etichetta. I costi variano da ente a ente.
Merita di essere menzionata anche la ISO 23622/2021.
L’Organizzazione internazionale per la normazione è la più importante organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche.
Ha funzioni consultive per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) e per l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
Il termine “ISO”deriva dal greco ἴσος (pronuncia: isos), il cui significato sta per “uguale”.
ISO ha dunque pubblicato la ISO 23662, definizioni e criteri tecnici per alimenti e ingredienti alimentari adatti a vegetariani o vegani e per l’etichettatura e le indicazioni, che fornisce un riferimento affidabile e concordato a livello internazionale che l’industria alimentare e delle bevande può utilizzare quando commercializza i suoi prodotti.
Il documento da le definizioni e i criteri tecnici da soddisfare affinché gli alimenti e gli ingredienti alimentari siano adatti ai vegetariani (compresi gli ovo-latto-, gli ovo- e i latto-vegetariani) o ai vegani, nonché all’etichettatura e alle indicazioni sui prodotti alimentari.
“La conformità a questo documento aiuta a garantire che tutti rispettino le stesse regole e definizioni, fornendo chiarezza e rassicurazione per il consumatore e facilitando il commercio locale e internazionale”
Alla prossima!
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